Nell’attesa di buone nuove, che arriveranno presto, continuiamo con i repost di articoli che ho scritto per Blog d’Innovazione e che per me sono sempre validi (perché non tutti lo sono). Oggi vediamo come, agli albori del mio fare blogging, ho trasformato un argomento di “peso” con un pizzico di ironia: spero che vi piaccia!
“Quante volte, sui social network, vi siete trovati a leggere messaggi contenenti insulti? Molto spesso, oserei affermare, perché purtroppo capita che alcuni si lascino andare all’invettiva senza pensare alle conseguenze. E’ recente il caso di un’utente Facebook che si è spinta ad insultare ripetutamente on line i suoi ex datori di lavoro e che, dopo una prima denuncia per la quale le era stato intimato di cancellare tutte le ingiurie, non avendolo fatto, la giudice del tribunale civile le abbia imposto cento euro di multa per ogni giorno in più in cui gli insulti non erano stati eliminati dai profili in questione. Recente anche il caso di un maresciallo della Guardia di Finanza che aveva offeso il collega designato al posto suo tramite il profilo Facebook personale e per questo condannato per diffamazione; attenzione, per la diffamazione, recita la sentenza, non è necessaria l’indicazione del nome dell’offeso purché sia riconoscibile da un numero anche limitato di persone (anche due). Perché vi stiamo parlando di queste sentenze? Perché spesso si sente dire che i nostri codici, civile e penale, non siano aggiornati con la veloce evoluzione della nostra società, che sempre più spesso vive e si esprime attraverso i social network.
E’ forse una vera cultura della legalità il concetto innovativo da trattare? Le sentenze che abbiamo citato non fanno giurisprudenza come negli Stati Uniti, non creano un precedente perché per i giudici in Italia ogni caso in esame costituisce un caso a sé e il giudice è libero di decidere cosa si può fare e in che termini. Il Diritto, inoltre, cambia le regole così come cambia la società ed è meno statico di quanto si pensi; in più, insulti e diffamazione sono contemplati come reati a mezzo stampa e noi sappiamo che i social network sono assimilabili ad un quotidiano (con tutte gli effetti del caso). Il concetto di imputabilità giuridica non viene meno se sono su un social invece che in una pubblica piazza, perché è determinato dalle conseguenze che il mio comportamento ha sulla vita delle altre persone. Non manca legislazione in merito, ma un po’ di accortezza da parte nostra.
Infine, il web non ci ha donato modi nuovi per reagire in modo costruttivo a queste problematiche, se non l’essere di per sé un amplificatore di messaggi nel bene e nel male; ed è nel bene che già da tempo, dagli albori della comunicazione on line (si pensi ai vecchi gruppi di discussione su usenet), è nata una raccolta di insulti e “sbroccamenti molto social” chiamata peppindex, che ha sempre saputo aiutarci a rispondere con ironia quando i thread si fanno davvero pesanti. Leggetela perché è davvero divertente. Ed è così che voglio salutarvi questa volta, con un consiglio indiretto, nel caso doveste essere tentati da una discussione, ricordatevi queste parole: “So bene che rispondendo a questo tuo messaggio cado in una trappola.” e non fatelo.”
“Nessun albero e’ stato danneggiato per scrivere questo messaggio, tuttavia diversi trilioni di elettroni sono stati importunati pesantemente”
6 ottobre 2015 at 18:44
Grazie!
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6 ottobre 2015 at 18:52
Prego! 😀 mi fa piacere che sia sempre un contenuto utile
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6 ottobre 2015 at 18:57
Forse il buon senso mi aveva già condotta sulla strada giusta, ma è sempre interessante argomentare bene certe situazioni 🙂
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6 ottobre 2015 at 19:09
Il buon senso è importante e tu sei una persona che si muove con garbo sul web: si vede da quello che scrivi e da come lo scrivi. A me, invece, piacerebbe riuscire a trovare altri argomenti altrettanto interessanti XD
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