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Snappers: chi seguire e perché n°1

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Le ragioni per le quali Snapchat non è ancora un social network popolare fra noi italiani sono molteplici. La prima motivazione che viene addotta, ormai lo sentiamo ripetere come un refrain, è che è un social per adolescenti e ventenni brufolosi e casinari. In realtà i motivi sono più profondi, se vogliamo drammatizzare un po’ la situazione. Inizialmente pensavo fosse il caso di elencarli, ma ho cambiato idea, perché l’operazione che vorrei fare è in positivo, come mio solito.

Se avete installato GhostCodes come vi ho raccomandato di fare nel precedente articolo, avrete scoperto un intero mondo di snappers al di fuori della vostra cerchia di conoscenze (seppure ampia). I criteri per scegliere snappers da seguire sono quelli per interessi e categorie, certo non l’età: potete scegliere di caricare i profili di persone (e brand) che hanno i vostri stessi interessi oppure seguire snappers che fanno e raccontano qualcosa che piacerebbe fare anche a voi.

Interagire a prescindere dalla differenza di età

Molti snappers si occupano con una certa bravura e freschezza proprio di comunicazione, branding, marketing e fashion. Ne citerò due.

La dolcissima Alice Cerea, blogger di Glamour, che trovate con il nome utente alicecerea e che potete seguire in giro per Milano per scoprire i dietro le quinte di certi articoli e servizi, se siete appassionati di moda e prodotti di estetica. Oltre il mondo patinato, tutto quello che ci può essere di spontaneo e senza trucco, ma molto glamorous and glittering.

Un altro snapper giovanissimo (almeno in confronto alla mia età) è Matteo Garoli che dovete cercare con il nome utente shuzj. Matteo è un business consultant esperto di Instagram. Su Snapchat è principalmente english speaking, in privato interagisce anche in italiano ed è molto comunicativo nonché preciso ed efficace nelle tips che pubblica.

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Interagire oltre confine: english speaking per davvero

Io sono curiosa dei modi di vivere (e mangiare) di paesi che non siano l’Italia, perciò seguo alcune persone che snappano da Toronto, da Sacramento, dalla Korea, dalla Malesia… E due utenti davvero speciali che si chiamano nomadbeautiful che altro non sono che la coppia di nomadi digitali e viaggiatori sostenibili i cui rispettivi nomi sono Gianni Bianchini e Ivana Greslikova, attivi su tutti i canali social e con un bellissimo blog in cui raccontano di tutti i loro viaggi e della loro scelta di vita, cioè nomadisbeautiful.

Se vi siete mai chiesti come vivono e raccontano l’Italia i non italiani, vi consiglio di seguire Wendy Holloway cioè flavorofitaly che fa base a Roma, ma viaggia molto raccontando in english città d’arte e cucina italiana. La signora Holloway usa Snapchat e GhostCodes con il piglio di una entrepreneur quale è. E no, non ha vent’anni, ma ama profondamente l’Italia.

Discorso a parte per lo snapper vitaminico che snappa da Sacramento, Emilio, che si presenta così:  #Bearded Creative in #Sacramento. Food. Social Media. Life. #TransparencyIsTruth. Il suo nome utente su Snapchat è themilsedition. In questo caso si tratta di english american speaking e di un sacco di best tips su come strutturare la comunicazione con Snapchat dalla grafica di foto e video fino alla cadenza con la quale suddividere le varie sezioni degli argomenti affrontati: seguitelo perché è bravissimo.

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I am curious of ways to live (and eat) in other countries than Italy, so I follow some people who snap from Toronto, Sacramento, Korea, Malaysia … And two very special people who are called  nomadbeautiful, a couple of digital and sustainable nomadic travelers, Gianni Bianchini and Ivana Greslikova, active on all social channels, with a wonderful blog in which all tell of their travels and their life choice, called nomadisbeautiful.

If you’ve ever wondered how non Italian people living and telling Italy, I suggest to follow Wendy Holloway aka flavorofitaly which is based in Rome, but travels a lot telling about Italian cities and cuisine. Ms. Holloway uses Snapchat and GhostCodes with a look of an entrepreneur. And no, she’s not twenty years old, but deeply loves Italy.

A different story for the snapper from Sacramento, Emilio, which describe himself as: Creative #Bearded in #Sacramento. Food. Social Media. Life. #TransparencyIsTruth. His username on Snapchat is themilsedition. In this case: american speaking and a lot of best tips on how structure communication with Snapchat, from pictures and videos until frequency with which divide various sections of the topics: keep in touch with him because he’s interesting. (english writing dismissed)

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Food, storytelling and Italian way of life

Altri utenti interessanti da seguire e con i quali fare conoscenza sono sicuramente i food blogger, gli utenti random (che non mi piace granché come definizione) e altri, che raccontano le loro giornate, dialogano molto spostandosi da un social all’altro, spesso portandosi dietro  vecchie e nuove conoscenze, mostrano eventi, family life, parlano del loro lavoro (possono essere psicologi, archeologi, social media manager, life coach…) e di tutto ciò che può accadere in una giornata:

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La maggior parte degli snappers che ho nominato agiscono nell’ottica del personal branding, esattamente come faccio io (il mio nome utente è aleksandrasmt) che mi concentro molto su argomenti come il cibo, l’alimentazione, il mio progetto di Coding 4 Avola e la condivisione di articoli, eventi e bei posti, raccontando spesso il dietro le quinte degli articoli che scrivo per gustonews.it e per questo blog.

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Fare branding su Snapchat non è inutile come si possa pensare, basta dare un’occhiata alle promozioni che lancia chocjohnny dal suo profilo e dai video dei clienti che si nutrono beati e soddisfatti di quantità industriali di cioccolata in tutte le forme che vi possono venire in mente (lui parla tantissimo, però è bravo a lanciare offerte delle quali si può approfittare facendo gli screenshot degli snap, peccato sia in Australia). Non è l’unica azienda presente su Snapchat, così come non mancano anche università, associazioni e organizzazioni no profit. A voi la scelta.

 


Moda: io ho in mente te

Come indosso abiti e accessori fa la differenza, se ho colto ciò che rende attuale e di tendenza quello che indosso; una rifinitura, un particolare, un tocco di ironia, una buona base di incoscienza: grassa, magra, bassa, alta, con o senza trucco, sono i requisiti per essere alla moda.

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Di Moda* so per certo che una rivista così o c’eravate oppure non avete idea di quello che ha rappresentato per noi che in quegli anni la leggevamo, come abbia potuto formarci esercito di lettrici in ogni dove in Italia, delle età più disparate, attente, concettualmente preparate a comprendere i perché e i percome di una tendenza, di un capriccio, dell’eterno ritorno di tematiche e tessiture sociali politiche e stilistiche.

Non dimenticherò mai la direzione di Vittorio Corona, le recensioni musicali e le foto in vestaglia di Ivano Gladimiro Casamonti, gli articoli elettrici e ironici di Donata Kalliany, un servizio fotografico fatto a una Claudia Schiffer giovanissima truccata e abbligliata come una moderna Brigitte Bardot, una pubblicità della Iceberg che mostra un tubino di paillettes splendido e “Io ho in mente te”.

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Correva l’anno 1991 quando io e Valeria potevamo annoverarci fra le accanite lettrici di Moda (e qualche volta anche di King) e al giornalista che seguiva la rubrica di recensioni musicali venne in mente di invitare le lettrici a inviare in redazione il racconto di una loro esperienza di vita amorosa legato indissolubilmente a una canzone: un unico brivido elettrico percorse l’Italia in lungo e in largo e beh, noi avevamo diciassette anni e non è che potessimo raccontare chissà che, ma la nostra emozione fu tale e tanta che sappiamo per certo che la fiduciosa scarica adrenalinica ci unì alle altre migliaia di lettrici e che da allora, non ci ha abbandonato più, perché entrambe scriviamo ancora.

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Scrivemmo (a penna, se ben ricordo) timide e spavalde al contempo, leggemmo e rileggemmo le nostre piccole opere e le spedimmo colme di speranze, chiedendo di assurgere al mitico Olimpo anche solo per un breve attimo, com’è d’uso per gli adolescenti che iniziano a scrivere presto e osservano tutto con l’occhio dell’inventore di miti… Perché a diciassette anni par vero scrivere di sofferenza, poesia, musica, amore e rapporti interpersonali. Eppure, scherzi a parte, fra quelle poche righe è ancora il nocciolo di noi stesse, la mia brutta abitudine a virgolettare tutto e gli incipit e le chiuse perfetti di Valeria.

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Fu così che allegato all’atteso numero di dicembre trovammo un libretto contente i racconti selezionati dalla redazione e scoprimmo che lì in mezzo c’erano i nostri e che questo sarebbe stato per sempre fra gli innumerevoli ricordi che abbiamo della nostra amicizia.

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Di racconti, come dice Casamonti nell’introduzione, ne arrivarono ben settecento, tutti ugualmente meritevoli; settecento persone, un campione non rappresentativo socialmente e culturalmente, afferma sempre lui: davvero? A distanza di anni lo dobbiamo pensare ancora? Fra Guy Debord e Wittgenstein, amorevolmente citati a vantaggio delle lettrici di una rivista di moda (ecco con chi avevamo a che fare: portatori di cibo per la mente oltre che di panni da indossare), il nostro arguto musicologo che odiava gli anni ’80 ed era davvero in crisi, scopre che la “musica, (…) nella rielaborazione della memoria, diventa il significato del ricordo.” E che “le donne sono streghe potenti (…) ed ancora i media, tutti maschili, cercano di incanalare la loro rinascita nel folle e parodistico gioco del potere, perché divengano uomini, e quindi creature inoffensive.”

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Io ho in mente te è stata un’operazione massmediatica e social anni prima che potessimo solo immaginare un social network, Moda qualcosa di più di una rivista femminile come le conosciamo adesso: non c’era nessuno a dirci cosa, come e perché vestirci in un modo o in un altro, ma un gruppo di persone che ci raccontava cosa stava accadendo nel mondo e che poteva essere confortevole affrontarlo con un paio di scarpe da urlo, se proprio gradivamo farlo e potevamo permettercelo e che nessuna di noi era fuori moda o davvero cozza, perché avevamo un cervello e i mezzi per acquisire una visione critica delle cose.

Moda e King sono stati svenduti nel 1995, capire perché un prodotto editoriale di successo che già dopo il cambio di direttore nel 1993 veniva mortificato nei suoi intenti, sia stato smembrato e infine le sue ceneri siano state disperse, conoscere il perché, ormai non serve più. Ciò che è rimasto, fortunatamente, è quel pizzico di senso dell’avventura che adesso, grazie al web, ci permette trovare, volendo, molto di più e anche di bello e, a volte, di scrivere e pubblicare in autonomia e anche di comprare le borse che non potevamo proprio permetterci.

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Vittorio Corona, elogiatissimo  sempre, ma per me in esclusiva il primo direttore di una rivista di cui leggevo l’editoriale, è morto troppo presto e ha lasciato un gran vuoto (oltre un figlio scapestrato, suo esatto opposto), prende in mano la neonata Moda Edizioni Eri Rai nel 1983 (io inizierò a leggerla solo nel 1989/1990) per lanciarla nell’Olimpo delle migliori riviste mai pubblicate in Italia; il giornalista che metteva in primo piano i contenuti sommandoli al divertimento e all’informazione interessante e che non pensava ai suoi lettori come a un pubblico di pecore.

Donata Kalliany, La Giornalista per eccellenza degli anni ’90, conosciuta anche al pubblico televisivo, aveva un suo modo così attraente di raccontare storie di moda e non, che secondo me rimane insuperabile; di lei pochissime tracce sul web, ma viene nominata in un prezioso articolo del 2012 che vi linko qui e cito in parte: “Qualunque ex adolescente secchiona saprebbe trarre poderose metafore del sistema-paese dal fatto che quelli che scrivevano lì (su Moda), gente dei cui articoli io ancora oggi non mi sento all’altezza, sono tutti scomparsi. Un paese che non nega un posto da opinionista neppure ad Alba Parietti non ne ha assegnato uno da elzevirista* a Donata Kalliany, che ha formato un’intera generazione di dolenti sentimentali.”

Ivano Casamonti, editorialista, critico televisivo, massmediologo, esperto di musica, eclettico, pasionario dei Rolling Stones, biografo di Vasco Rossi, nonché distruttore del suo personale account facebook in cui si nominava Moda: l’uomo che voleva capire di che musica ci nutrissimo noi donne e perché; colui che “in questa elasticità ideologica, in questa possibilità di gestire il proprio prodotto, totalmente dovuta (…) alla particolare ed ormai rarissima conformazione mentale del direttore e del caporedattore”, si inventa di sana pianta, eoni prima dell’avvento dei social network, l’operazione “Io ho in mente te” e che già vent’anni fa diceva di essere troppo vecchio.

qualcosa su Moda

*elzevirista
[el-ʒe-vi-rì-sta]
s.m. e f. (pl. m. -sti, f. -ste)
GIORN Scrittore di elzeviri, di articoli letterari pubblicati nelle terze pagine dei quotidiani
‖ Autore che predilige il ricordo autobiografico o il bozzetto


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