È così è successo, il 20 aprile 2016 sono entrata nella classe I C della scuola media inferiore Elio Vittorini di Avola, accolta dal professor Francesco Munafò (matematica!) e abbiamo fatto coding analogico con il gioco Cody Roby.
Se per noi adulti, soprattutto quelli di noi avvezzi alla cultura digitale e all’informatica, può sembrare cosa insignificante, questa piccola esperienza condita di video sul pensiero computazionale, su Cody Roby, Scratch e Minecraft, ha entusiasmato tutta la classe ed è stato bellissimo vederli giocare e ragionare.
Una classe speciale, innanzitutto perché Francesco Munafò li fa giocare spesso a scacchi e dama (e infatti hanno spontaneamente confrontato questa loro esperienza con quella del coding che gli abbiamo presentato ieri), e poi, perché come tutte le classi, la loro individualità, le loro peculiarità, sono state le vere protagoniste dell’ora e mezza trascorsa insieme.
Devo ringraziarli questi ragazzi, perché portargli questo progetto sta aiutando me a comprendere molto e a imparare. Ho presentato e porterò la prossima settimana, Coding 4 Avola anche nella scuola primaria Caia, nelle classi 4 e 5 delle sezioni B e C e ho scoperto molte cose interessanti, almeno per me.
I millennials conoscono e usano già Minecraft, fanno coding senza sapere davvero lo strumento che hanno tra le mani, ma quando gli raccontiamo che è un po’ come se facessero i programmatori informatici, gli occhi si illuminano. Questa esperienza è trasversale fra i generi, anche se ancora adesso, sono molti di più i maschi a dedicarsi a questi giochi e a questi interessi.
Voglio sottolineare che non è mia intenzione ridurre il coding e la diffusione consapevole del pensiero computazionale alla mera programmazione informatica: quando ho raccontato Coding 4 Avola agli animatori digitali e ai loro colleghi, ho sostenuto un concetto più complesso (passatemi la vanità).
In quest’ultimo anno, mi sono resa conto che il mondo del lavoro è sempre più esigente, richiede un mix di competenze e di culture che contemporaneamente settoriale, altamente professionale, ma anche trasversale: detto in parole povere, non si può più essere solo medici, solo architetti, solo programmatori, solo baristi, ma occorre conoscere i mondi accanto al nostro settore specifico di lavoro e sapersi affiancare a coloro che praticano la cultura digitale a tutto tondo.
Internet, il web e i social media, sono strumenti, la programmazione è uno strumento, dobbiamo conoscerli, il mondo al di fuori della scuola si sta evolvendo a rotta di collo e i giovanissimi hanno bisogno di essere preparati. Di contro, gli insegnanti e gli scolari sono già tanto bersagliati e carichi di lavoro. È vero che il mondo della scuola spesso fa fatica a stare al passo, ma è anche vero che l’impegno richiesto è già gravoso, mentre ogni istituto ha le sue problematiche da affrontare, fra queste: le difficoltà di alcuni studenti, la povertà di mezzi di alcune famiglie, i problemi specifici di alcune zone d’Italia.
Una parte di questa storia l’ho già raccontata sulle pagine di questo blog: durante l’estate del 2015 ho iniziato a leggere articoli sul coding nelle scuole, poi ho incontrato Viviana Cannizzo di Impact Hub Siracusa e grazie a lei ho conosciuto il progetto di coding per le scuole e ho partecipato da spettatrice ad un evento di programmazione green con Arduino.
In quei mesi si parlava molto di digital champion e di quello che ognuno di noi, appassionati di cultura digitale in toto, avremmo potuto fare per diffondere buone pratiche fra i giovanissimi. Mi sono chiesta se nel cittadina in cui vivo si fossero già avviati progetti di coding e ho iniziato a parlarne e a chiedere in giro, finché non sono arrivata a presentare il mio piccolissimo progetto per le scuole di Avola all’assessore all’istruzione e allo sportello pedagogico.
Infine, ho conosciuto tre degli animatori digitali designati, perché nel frattempo era stato varato il Piano Nazionale Scuola Digitale dal MIUR e l’operazione digital champion si è in qualche modo conclusa (anche se le istanze lanciate da Riccardo Luna non si sono fermate). Clementina Amato, Francesco Munafò e Vincenzo Rossitto sono degli insegnanti splendidi, prima di tutto; grazie a loro ho conosciuto altri docenti delle scuole medie inferiori e delle scuole primarie che hanno accolto me e il mio piccolo progetto come se fosse un grande tesoro, ne parlerò la prossima settimana.
Cosa accadrà nei prossimi mesi dipende da molti fattori, nel frattempo, spero di migliorare il progetto e di coinvolgere in modo sempre più efficace i ragazzi e gli insegnanti.
Grazie! 🙂
Vi lascio con un articolo apparso su TechEconomy a marzo di quest’anno: lo considero una riflessione dura, ma utile.