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Oggi per la prima volta dopo mesi ho ricominciato a camminare a passo spedito. Pensavo che avrei passato le pene dell’inferno, non perché sono in sovrappeso, ma perché è più di un mese che ho male al tallone destro e non so perché; tant’è che domani vado a farmi i raggi e il 24 ho la visita dall’ortopedico.

Camminare per me è importante, l’ho fatto sempre, a passo svelto, per anni. Anche se preferisco fare attività fisica in acqua, camminare mi ha sempre dato energia e soddisfazione: la schiena è più dritta, la pancia… La panza non l’avevo mai avuta prima di quest’ultimo anno. Sono stata grassa e normopeso, ma mai con la panza. Merito delle lunghe camminate in mezzo ai campi o in montagna con il mio cane Pablo.

L’anno scorso a maggio mi sono fatta operare all’alluce valgo del piede sinistro: un mese ferma e due mesi di riabilitazione in acqua, ma senza faticare troppo. Nel frattempo stavo di nuovo ingrassando dopo aver passato gli ultimi tre anni con 30 chili in meno. Si stava bene con trenta chili in meno. Poi, ad agosto, ho trovato un lavoro che mi ha tenuto ferma per sei mesi dal lunedì al sabato, sempre seduta; dodici, tredici e passa ore fuori casa. Alla sera e la domenica ero sfinita.

Ho iniziato ad avere dei problemi già quest’inverno: quando mi alzavo dalla scrivania, sentivo dolore alle piante. I primi di giugno ho avuto un attacco di tromboflebite alla caviglia destra. Mi sembra di poggiare su piedi d’argilla. Perciò dal 16 giugno, sacca, telo mare, costume e via in acqua: un’ora di esercizi e nuotate quasi ogni giorno. Infine, da un paio di settimane, un regime alimentare da circa 1200 calorie al giorno: ho perso tre chili. E stamattina finalmente ho ricominciato a camminare: 2,43 chilometri, 31 minuti. Non è granché, lo so. Ma conto di fare meglio. 🙂

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Fare o non fare: non c’è provare

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27 agosto 2012 ore 12.33. La foto è stata scattata per sbaglio mentre sistemavo la webcam. Montatura scura, faccia seria, trenta chili fa in meno. In quei giorni sapevo che stavo per perdere il mio lavoro e stavo cercando una strategia che mi permettesse di non perdere anche l’appartamento, l’automobile e il preziosissimo telefono. Dovevo mantenere una promessa oltre che l’autonomia.

Era circa un anno che possedevo il mio primo smartphone, ero convinta che fosse fondamentale per la mia vita: la possibilità di essere connessa con i miei amici vicini e lontani ovunque fossi, soprattutto durante le ore passate in ospedale o in casa di riposo; la possibilità di avere un navigatore satellitare sempre a portata di mano, perché ormai ero sempre da sola in auto, cento chilometri al giorno tutti i giorni e, se trovavo una deviazione improvvisa ai miei soliti percorsi, la sensazione di perdere il controllo era forte.

Sapere che potevo rispondere agli annunci di lavoro anche se non ero al pc.

Alcune parti della strategia non hanno funzionato, altre, invece, hanno funzionato meglio di quanto mi aspettassi: una di queste era essere pronta a reinventarmi per lavorare. Un anno dopo lavoravo facendo qualcosa che mi aveva terrorizzato tutta la vita: l’addetta alle casse in un supermercato. Arrivavo da molteplici esperienze in ufficio, spesso ho passato ore interminabili da sola, seduta a una scrivania. In cassa non sei mai sola: devi confrontarti continuamente con un pubblico e con i colleghi: è una eccezionale palestra per la comunicazione e per i comunicativi. Tornerei a farlo domani, se me lo permettessero.

L’altro pezzo di strategia fondamentale è stato mantenere e rafforzare la rete di amicizie: senza non avrei trovato lavoro presso il supermercato; senza la fiducia che mi è stata accordata e che non dimenticherò mai. Io, di contro, ho sempre cercato di dare quello che potevo, non avendo granché in termini materiali. Senza le mie amiche e i miei amici sarebbe stata una vita grama: l’opportunità di vedere il mondo da prospettive diverse, il piacere di cucinare pizze, melanzane alla parmigiana e bere litri di tè verde.

L’altro punto importante della strategia era essere consapevole che, per quanto mi sforzassi, le cose sarebbero cambiate. Sapevo che il cambiamento era in me e attorno a me. Sapevo che avrei fatto il possibile per mantenere la promessa finché il mondo non si fosse riassestato con uno scrollone per farmi voltare pagina.

L’automobile è sempre la stessa, lo smartphone è cambiato: con quello che ho adesso ci lavoro pure. Insomma, ogni tanto vi scrivo da lì. Lo uso anche per studiare Social Advertising. L’appartamento che si staglia oltre i confini della fotografia di allora è lontano nel tempo e nello spazio.

Adesso pubblico l’articolo e la foto, così posso riprendere a fare il Presente: ricerca di lavoro compresa. 😉


Millemila interviste

Di tutto quello di nuovo che ho iniziato a fare in questi ultimi tre mesi, fare interviste mi mette in ansia e mi emoziona sempre tantissimo. Una delle esperienze più belle e soddisfacenti.

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Leggere o agire? Scrivere e curiosare.

E’ passato molto tempo dal mio ultimo articolo su questo blog, ho ribloggato e condiviso molti articoli qui e sulla pagina Facebook di Apirolio, ho scritto articoli per il blog di Innovazione che seguo, ma non qui, per me stessa mi viene da dire. Ho riflettuto molto, prima e dopo il viaggio che ho fatto fra il 4 e il 7 giugno a Milano e a Modena e mi sono lasciata coinvolgere e suggestionare da persone, storie ed eventi di cui ho intenzione di scrivere prima possibile. Non faccio altro che leggere, continuamente, e un viaggio per passare all’azione, è stato fondamentale.

In attesa dell'imbarco a Linate

In attesa dell’imbarco a Linate

Avrei voluto scrivere dell‘operaio Alessandro Morricella che è morto dopo un incidente in Altoforno 2 all’Ilva di Taranto, perché è un’altra perdita dolorosa che colpisce prima di tutto una comunità di lavoratori, di uomini che passano ore notte e giorno, dentro quella maledetta fabbrica e che forse hanno pensato: poteva succedere a me. Avrei voluto scrivere di alimentazione e di come, con l’avvento dei quarant’anni, siano cambiati il mio fisico e il mio organismo e con quanta incoscienza ho passato un bellissimo weekend di viaggi e incontri sotto l’effetto di una tromboflebite alle caviglie (e a causa di questa cosa non riesco a stare seduta troppo a lungo a questa scrivania).

Dal mio Twitter

Dal mio Twitter

Sto anche sperimentando me stessa utilizzando diverse piattaforme social network: Facebook a parte, sul mio smartphone passo vorticosamente da Twitter a Pinterest, da Tumblr a Linkedin (sì, considero quest’ultimo un social network). Sto iniziando a usare anche Periscope, timidamente, e su Youtube ci sono da una vita, come pure su Google+ che uso come vetrina e per il quale credo sia più facile farsi indicizzare da Google essendo un loro strumento. Twitter è molto interessante, soprattutto per chi, come me, non ha una rete immensa di amicizie su Facebook, di cui poche preziose, perché ho scelto di avere un profilo molto privato anche se decisamente misurato. Twitter mi offre la possibilità di infiniti e liberi collegamenti con tutto il mondo, di scoprire e conoscere molte cose al di fuori delle mie solite preferenze e dei piacevoli scherzi fra amici; inoltre, cosa non da poco conto, di interagire con persone di alto livello, e per interagire intendo porre domande, fare commenti, leggere articoli importanti per l’accrescimento culturale e personale e anche per “avere argomenti”.

Dal mio Instagram

Dal mio Instagram

Linkedin invece è un’ottima opportunità di rendersi visibili a livello professionale: da quando ho iniziato a scrivere con una certa costanza (e mi impegno ancora poco), condivido alcuni miei articoli su questa piattaforma e sto cercando di perfezionare il profilo tanto da rendere evidenti le mie skills (competenze). Instagram, Tumblr e Pinterest sono dedicati al mondo dell’immagine: sono piattaforme in cui ci si esprime attraverso le immagini e, in questo momento in cui il social media marketing si sta evolvendo verso lo storytelling visuale, sono fondamentali per imparare a farlo correttamente e in modo efficace. Ma ovviamente, non bisogna dimenticarsi che sono anche un modo per coltivare i propri interessi e anche per rilassarsi con foto di abiti e bijoux e ricette di cucina (il mio primo pin è la mia ricetta del pesto di broccoli e “tenerume”), un  modo per sognare, per desiderare cose belle e migliorarsi. Su tutti mi trovate col mio nome e cognome oppure con il nome Apirolio. Vi interessano questi social? Qualcuno di voi li usa come faccio io? Avete mai provato a cercarvi su Google per scoprire cosa il web sa di voi?

Dal mio Linkedin

Dal mio Linkedin

Quello che Google sa di me

Quello che Google sa di me


Storia di una parola che sembrava un fiore

Larrea Tridentata oppure distillato liquido del catrame del legno di faggio? Io credevo fosse un fiore e invece è un veleno che può essere curativo e conservare le carni, ma è anche una pianta i cui fiori odorano di creosoto, appunto. Qualcosa che è un arbusto che nasce nel deserto del Messico e un sottoprodotto della natura uggiosa e nordica del faggio. Odore che mi è sconosciuto, ma che cresce pungente nella mia memoria, quando un giorno ho letto due parole: fior di creosoto. E del titolo, dell’argomento o storia che fosse, questo ho in mente. E allora, nella canzone che ho tradotto, sono rami o rivoli? Pianta o veleno? Suggestione.

Far from any road – The Handsome family, dall’album “singing bones”

From the dusty mesa her looming shadow grows
Hidden in the branches of the poison creosote
She twines her spines up slowly towards the boiling sun
And when I touched her skin, my fingers ran with blood

la sua ombra sboccia dalla pianura polverosa
nascosta lungo rivoli velenosi di creosoto (nascosta fra i rami velenosi del creosoto)
intreccia le sue spine lentamente verso il sole,
e quando ho toccato la sua pelle, dalle mie dita scorreva il sangue.

In the hushing dusk, under a swollen silver moon
I came walking with the wind to watch the cactus bloom
And strange hands haunted me, the looming shadows danced
I fell down to the thorny brush and felt the trembling hands

nel silenzio del crepuscolo, sotto un’argentea luna piena
sono arrivato con il vento per guardare il fiore del cactus
mentre mani sconosciute mi perseguitavano, le ombre danzavano incombenti
ed io sono caduto in un rovo e ho sentito le mani tremare

When the last light warms the rocks and the rattlesnakes unfold
The mountain cats will come to drag away your bones
And rise with me forever across the silent sand
And the stars will be your eyes and the wind will be my hands

quando l’ultima luce riscalda le rocce ed i serpenti a sonagli si rivelano,
il puma trascinerà via con sé i tuoi resti
e insieme a me per sempre percorrerà la sabbia silente,
le stelle saranno i tuoi occhi e il vento le mie mani

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All’Anima del fotografo!

“chicane” – curve immaginifiche – courtesy of Francesco Rotondo

Vi siete mai chiesti cosa accade al fotografo quando non è armato di macchina fotografica? Né più né meno ciò che accade al poeta senza la penna: parole e immagini si concludono nella mente e noi cerchiamo di non dimenticare, come tutti del resto. Ecco perché credo che ognuno di noi sia un piccolo fotografo di istanti di vita e per questo rimanga incantato davanti all’opera di chi è riuscito a renderli vividi e concreti con una fantastica inquadratura. Perché l’anima del fotografo si esterna in quegli scatti: luci, ombre, colori, forme.

“Passato e Presente” – chiesa di San Giovanni e Santuario della Madonna delle lacrime  a Siracusa –  Courtesy of Francesco Rotondo

A mio parere, i ritratti e il bianco e nero, anche di paesaggi, sono i lavori più belli di Francesco Rotondo, ma anche i giochi fra simmetrie e asimmetrie, che io adoro particolarmente: guardo le foto e, gelosa di quegli istanti, penso che avrei voluto esserci anche io a osservare con lo stesso sguardo.

“Acting” – Courtesy of Francesco Rotondo

“Scheletro” – Courtesy of Francesco Rotondo

“Finestra sul mondo” Cortile interno del Castello di Bardi (PR) – Courtesy of Francesco Rotondo

Francesco
Rubo la luna e nuvole
E cime di alberi all’alba incipiente,
Faccio qualcosa,
Ho placido il sonno, lo spero,
Poi di notte mi sveglio.
Trasformo la vita in fotografie,
In amici e silenzi.
Non sono di queste parti,
Vado e vengo coi pensieri,
Con piccole cose lontane.
E lieve. (A.S.)

“Bimbo curioso” – Courtesy of Francesco Rotondo


La lavagnetta in cucina

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Il pensiero delle sei di mattina da parte del mio Ammmore è la sorpresa delle otto per me.


In viaggio verso: Sicilia è.

All’improvviso io e #Fraro decidiamo finalmente che è il momento di attraversare la Sicilia verso nord ovest: destinazione Palermo.
Vi scrivo dall’auto che beccheggia senza ammortizzatori ed è bellissimo.

Fra Siracusa e Palermo, viadotti immensi, pale eoliche e un paesaggio stupendo e divertente.

Aggiornamento del 13 aprile: successivamente al nostro passaggio, venerdì pomeriggio, una frana si è staccata dal Parco delle Madonie ed è rotolata fino a travolgere due o tre piloni dell’autostrada, abbattendone uno.  Il fatto è gravissimo nonostante nessuno sia stato coinvolto, a causa di questo disastro l’autostrada Catania Palermo rimarrà interrotta per molto tempo e la strada che costituisce l’unica deviazione possibile, subirà il peso di un traffico eccessivo e pericoloso. Purtroppo questa deviazione passa proprio per il Parco delle Madonie nella zona da cui si è staccata la frana che ha travolto il pilone. Lascio a voi le riflessioni su questo accadimento, a me la considerazione che l’abbiamo scampata bella e che provo un gran dispiacere per questa Sicilia così bella e così martoriata.

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Moda: io ho in mente te

Come indosso abiti e accessori fa la differenza, se ho colto ciò che rende attuale e di tendenza quello che indosso; una rifinitura, un particolare, un tocco di ironia, una buona base di incoscienza: grassa, magra, bassa, alta, con o senza trucco, sono i requisiti per essere alla moda.

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Di Moda* so per certo che una rivista così o c’eravate oppure non avete idea di quello che ha rappresentato per noi che in quegli anni la leggevamo, come abbia potuto formarci esercito di lettrici in ogni dove in Italia, delle età più disparate, attente, concettualmente preparate a comprendere i perché e i percome di una tendenza, di un capriccio, dell’eterno ritorno di tematiche e tessiture sociali politiche e stilistiche.

Non dimenticherò mai la direzione di Vittorio Corona, le recensioni musicali e le foto in vestaglia di Ivano Gladimiro Casamonti, gli articoli elettrici e ironici di Donata Kalliany, un servizio fotografico fatto a una Claudia Schiffer giovanissima truccata e abbligliata come una moderna Brigitte Bardot, una pubblicità della Iceberg che mostra un tubino di paillettes splendido e “Io ho in mente te”.

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Correva l’anno 1991 quando io e Valeria potevamo annoverarci fra le accanite lettrici di Moda (e qualche volta anche di King) e al giornalista che seguiva la rubrica di recensioni musicali venne in mente di invitare le lettrici a inviare in redazione il racconto di una loro esperienza di vita amorosa legato indissolubilmente a una canzone: un unico brivido elettrico percorse l’Italia in lungo e in largo e beh, noi avevamo diciassette anni e non è che potessimo raccontare chissà che, ma la nostra emozione fu tale e tanta che sappiamo per certo che la fiduciosa scarica adrenalinica ci unì alle altre migliaia di lettrici e che da allora, non ci ha abbandonato più, perché entrambe scriviamo ancora.

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Scrivemmo (a penna, se ben ricordo) timide e spavalde al contempo, leggemmo e rileggemmo le nostre piccole opere e le spedimmo colme di speranze, chiedendo di assurgere al mitico Olimpo anche solo per un breve attimo, com’è d’uso per gli adolescenti che iniziano a scrivere presto e osservano tutto con l’occhio dell’inventore di miti… Perché a diciassette anni par vero scrivere di sofferenza, poesia, musica, amore e rapporti interpersonali. Eppure, scherzi a parte, fra quelle poche righe è ancora il nocciolo di noi stesse, la mia brutta abitudine a virgolettare tutto e gli incipit e le chiuse perfetti di Valeria.

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Fu così che allegato all’atteso numero di dicembre trovammo un libretto contente i racconti selezionati dalla redazione e scoprimmo che lì in mezzo c’erano i nostri e che questo sarebbe stato per sempre fra gli innumerevoli ricordi che abbiamo della nostra amicizia.

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Di racconti, come dice Casamonti nell’introduzione, ne arrivarono ben settecento, tutti ugualmente meritevoli; settecento persone, un campione non rappresentativo socialmente e culturalmente, afferma sempre lui: davvero? A distanza di anni lo dobbiamo pensare ancora? Fra Guy Debord e Wittgenstein, amorevolmente citati a vantaggio delle lettrici di una rivista di moda (ecco con chi avevamo a che fare: portatori di cibo per la mente oltre che di panni da indossare), il nostro arguto musicologo che odiava gli anni ’80 ed era davvero in crisi, scopre che la “musica, (…) nella rielaborazione della memoria, diventa il significato del ricordo.” E che “le donne sono streghe potenti (…) ed ancora i media, tutti maschili, cercano di incanalare la loro rinascita nel folle e parodistico gioco del potere, perché divengano uomini, e quindi creature inoffensive.”

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Io ho in mente te è stata un’operazione massmediatica e social anni prima che potessimo solo immaginare un social network, Moda qualcosa di più di una rivista femminile come le conosciamo adesso: non c’era nessuno a dirci cosa, come e perché vestirci in un modo o in un altro, ma un gruppo di persone che ci raccontava cosa stava accadendo nel mondo e che poteva essere confortevole affrontarlo con un paio di scarpe da urlo, se proprio gradivamo farlo e potevamo permettercelo e che nessuna di noi era fuori moda o davvero cozza, perché avevamo un cervello e i mezzi per acquisire una visione critica delle cose.

Moda e King sono stati svenduti nel 1995, capire perché un prodotto editoriale di successo che già dopo il cambio di direttore nel 1993 veniva mortificato nei suoi intenti, sia stato smembrato e infine le sue ceneri siano state disperse, conoscere il perché, ormai non serve più. Ciò che è rimasto, fortunatamente, è quel pizzico di senso dell’avventura che adesso, grazie al web, ci permette trovare, volendo, molto di più e anche di bello e, a volte, di scrivere e pubblicare in autonomia e anche di comprare le borse che non potevamo proprio permetterci.

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Vittorio Corona, elogiatissimo  sempre, ma per me in esclusiva il primo direttore di una rivista di cui leggevo l’editoriale, è morto troppo presto e ha lasciato un gran vuoto (oltre un figlio scapestrato, suo esatto opposto), prende in mano la neonata Moda Edizioni Eri Rai nel 1983 (io inizierò a leggerla solo nel 1989/1990) per lanciarla nell’Olimpo delle migliori riviste mai pubblicate in Italia; il giornalista che metteva in primo piano i contenuti sommandoli al divertimento e all’informazione interessante e che non pensava ai suoi lettori come a un pubblico di pecore.

Donata Kalliany, La Giornalista per eccellenza degli anni ’90, conosciuta anche al pubblico televisivo, aveva un suo modo così attraente di raccontare storie di moda e non, che secondo me rimane insuperabile; di lei pochissime tracce sul web, ma viene nominata in un prezioso articolo del 2012 che vi linko qui e cito in parte: “Qualunque ex adolescente secchiona saprebbe trarre poderose metafore del sistema-paese dal fatto che quelli che scrivevano lì (su Moda), gente dei cui articoli io ancora oggi non mi sento all’altezza, sono tutti scomparsi. Un paese che non nega un posto da opinionista neppure ad Alba Parietti non ne ha assegnato uno da elzevirista* a Donata Kalliany, che ha formato un’intera generazione di dolenti sentimentali.”

Ivano Casamonti, editorialista, critico televisivo, massmediologo, esperto di musica, eclettico, pasionario dei Rolling Stones, biografo di Vasco Rossi, nonché distruttore del suo personale account facebook in cui si nominava Moda: l’uomo che voleva capire di che musica ci nutrissimo noi donne e perché; colui che “in questa elasticità ideologica, in questa possibilità di gestire il proprio prodotto, totalmente dovuta (…) alla particolare ed ormai rarissima conformazione mentale del direttore e del caporedattore”, si inventa di sana pianta, eoni prima dell’avvento dei social network, l’operazione “Io ho in mente te” e che già vent’anni fa diceva di essere troppo vecchio.

qualcosa su Moda

*elzevirista
[el-ʒe-vi-rì-sta]
s.m. e f. (pl. m. -sti, f. -ste)
GIORN Scrittore di elzeviri, di articoli letterari pubblicati nelle terze pagine dei quotidiani
‖ Autore che predilige il ricordo autobiografico o il bozzetto


Fiducia

Nel mentre mi preoccupo di essere comunque produttiva sia nel lavoro che mi permette di portare a casa pagnotte, balocchi e profumi, sia qui sul blog, cercando di produrre contenuti accattivanti e di sostanza, mi rendo conto che sono ancora agli inizi e che conquistarvi sarà impegnativo.
Tutti siamo consapevoli che, nella quotidianità, ognuno di noi deve impegnarsi costantemente per conquistarsi la fiducia di coloro con cui interagisce per dovere o per piacere; ognuno di noi a modo suo e stabilendo confini più o meno accentuati, espone se stesso, pregi e difetti, convinzioni e umori. Farlo attraverso un blog o un social network è molto facile se si affrontano argomenti leggeri, di puro intrattenimento, più difficile quando ci si propone di andare in profondità.

Non so in anticipo quale sarà la ricetta giusta per questo blog, ma ammetto che mi sto giocando molto in termini di “operazione a cuore aperto” perché ho in mente davvero tante cose da raccontarvi, mano a mano che mi vengono in mente le appunto e una alla volta le affronto come fossi davanti a un leone per la prima volta; ma soprattutto, ho paura di perdere la strada come è già successo molte volte, di abbandonare la postazione. Questa volta non voglio che accada.

Questo non è un diario e non voglio parlarvi per forza delle mie esperienze personali, piuttosto prendere spunto, ispirarmi, trarne delle suggestioni e coinvolgere nel racconto chi può donarci un po’ del suo tempo; a questo proposito spero di ospitare con frequenza e costanza alcune persone che possano raccontarci uno scorcio di vita visto dal loro punto di vista, è un’esperienza nuova per me e spero di esserne all’altezza. 1965031_747179875306870_1591213915_n


Partigiani dell'ambiente

Un atto d'amore per la Puglia

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L'agricoltura biologica e sociale nel cuore della Sicilia sud-orientale

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Al Bar insieme o soli, scambiarsi racconti, fatti, idee, informazioni, sorseggiando caffé o drink

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