Simbiosi industriale che?
Immaginate un gruppo di aziende che recupera lo scarto (pastazzo) della lavorazione degli agrumi per fare succhi di frutta e ne ricava pectina e sostanze (buone) per la mangimistica animale, scovando la tecnologia che permette di recuperare i residui dei frutti prima che marciscano. Immaginate un’azienda che recupera i limi di segazione del basalto di lava dell’Etna e li riutilizza per creare materiali più flessibili.
Due esempi (che ho cercato di semplificare per renderli più di impatto e memorabili) che ci vengono da due delle 90 aziende siciliane coinvolte in un grande progetto pilota di simbiosi industriale che si è svolto sul territorio siciliano in questi ultimi quattro anni. Cosa succede se “l’insieme delle ricchezze di un territorio sono valorizzate localmente, invece di essere disperse, delegate o regalate a terzi.“.
Secondo Wikipedia, l’Economia Circolare “fa riferimento sia a una concezione della produzione e del consumo di beni e servizi alternativa rispetto al modello lineare (ad esempio attraverso l’impiego di fonti energetiche rinnovabili in luogo dei combustibili fossili), sia al ruolo della diversità come caratteristica imprescindibile dei sistemi resilienti e produttivi. In un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera.“.
La Simbiosi Industriale appare un concetto più raffinato, senza fustigare il nostro amato e diffusissimo concetto di Circular Economy: un’economia il cui valore dei prodotti e dei materiali si mantiene il più a lungo possibile; i rifiuti e l’uso delle risorse sono minimizzati e le risorse mantenute nell’economia quando un prodotto ha raggiunto la fine del suo ciclo vitale, al fine di riutilizzarlo più volte e creare ulteriore valore. (Cito dal questionario propostoci da ENEA durante il convegno di cui vi parlerò più sotto).
Qual è la differenza fra Circular Economy e Simbiosi Industriale? Possiamo considerare questi concetti e pratiche, sorelle indissolubili? Sono un’opportunità di rilancio economico per la Sicilia e per tutte le regioni d’Italia e del mondo che vorranno sfruttarle? Bè, sì. La dimostrazione concreta ce la possono dare le 90 imprese siciliane coinvolte attivamente nel progetto Ecoinnovazione Sicilia.
Per inciso, ho l’impressione che, per noi appartenenti alla massa, la definizione di Economia Circolare per come viene comunemente intesa, abbia inglobato quella di Simbiosi Industriale. Ma forse mi sbaglio. Che ne pensate? Di Circular Economy avevo parlato anche con Umberto Pernice nell’intervista pubblicata qui qualche tempo fa.
Facciamo un breve ripasso di storia dell’economia italiana della seconda metà del ventesimo secolo (dal 1948 in poi, insomma).
Vi va? Se sbaglio correggetemi, se non vi interessa saltate a piè pari tre paragrafi.
È risaputo che il territorio italiano ha da sempre sofferto di scarsità delle materie prime.
Nonostante questa caratteristica, il settore industriale, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra sino ai primi anni settanta, è stato il volano del boom economico italiano. Il passo è stato successivamente ceduto ad una forte crescita del settore terziario, con lo sviluppo di tutto un sistema correlato ai servizi (fra cui anche il turismo) fra gli anni ottanta e novanta del ventesimo secolo.
Sono informazioni che ho studiato a scuola e ricordo che mi affascinava moltissimo il passaggio dalla fase industriale al terziario, mentre non mi è mai piaciuto pensare che il settore primario (agricoltura, allevamento, pesca) fosse stato talmente penalizzato da costruire un colosso come l’Italsider (ora Ilva) al posto degli ettari ed ettari di uliveti accanto alla mia città natale, cioè Taranto.
Scarsità delle materie prime non vuol dire completa assenza, così come il rafforzamento del settore dei servizi non vuol dire che l’economia italiana sia cresciuta in progressione geometrica e ci permetta di avere una ricchezza diffusa. La geografia del nostro territorio, inoltre, non ci permette di sfruttare appieno il poco spazio a disposizione. La crisi economica non è un’opinione, meno che meno il dovere di fare i conti con un sistema di sfruttamento che ha danneggiato l’ambiente e la salute dei cittadini.
Quindi, quale potrebbe essere una soluzione?
L’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) ci ha dato una risposta attraverso il progetto Ecoinnovazione Sicilia, di cui mostro le partnership e i patrocini più sotto. Ne approfitto anche per scusarmi per le ridondanze, ma sono necessarie.
Ecoinnovazione Sicilia è una piattaforma di simbiosi industriale costituita da 90 imprese siciliane, operatori e organizzazioni presenti sul territorio. Il progetto pilota per l’Italia, si è appena concluso ed è stato il protagonista di un convegno tenutosi giorno 11 dicembre presso il Coro di notte del Monastero dei Benedettini di Catania.
Gli ospiti intervenuti a raccontare metodiche ed esperienze nonché il loro supporto come patrocinatori del progetto hanno sottolineato quanto sia importante che le imprese da coinvolgere ulteriormente in queste buone pratiche devono necessariamente essere di più. Il territorio siciliano è vasto e coloro che volessero aggregarsi al sistema di simbiosi industriale non devono fare altro che aderire, portando richieste e proposte.
Questo tipo di economia presume che più persone (tante imprese) devono essere coinvolte per far funzionare al meglio il ciclo produttivo e di recupero: enti scientifici, università, istituzioni pubbliche, stakeholders. È, inoltre, fondamentale che aziende portatrici di know how collaborino con le università. Valorizzare gli scarti agricolturali deve essere uno dei primi obbiettivi per una regione a vocazione agricola come la Sicilia.
Infine, occorre conoscere bene normative e processi di trasformazione.
Un’idea, suggerita durante il convegno, potrebbe essere quella di usare la logica dei distretti produttivi, ma nell’ottica di un potenziamento di ciò che si trova vicino a noi, quindi della collaborazione fra aziende vicine di casa, se così si può dire, ma dissimili fra loro.
Un’ultimo dato per riflettere su quanto ho cercato di raccontarvi nel modo più semplice possibile: ogni anno l’agricoltura siciliana produce 1 milione e 500 mila tonnellate di pastazzo, il 95% non viene riciclato; di queste, 70 mila tonnellate sono conferite a Gioia Tauro, il costo della discarica è superiore al costo del prodotto in se stesso.
La simbiosi industriale è una pratica trasversale che coinvolge ambiente, economia e industria e ne accresce le rispettive potenzialità. È un sistema davvero interessante che ha bisogno di essere costantemente divulgato, comunicato e occorre che sia incentrato sull’open source: condividere metodi, soluzioni, strumenti e buone idee mette in grado coloro che possono accedere liberamente alle fonti di migliorare buone idee, strumenti e soluzioni in un circolo virtuoso in cui lo strumento e l’idea sono restituiti migliorati e più utili a tutti.
La condivisione non è quindi una perdita, ma un arricchimento per tutti sin da subito e non in uno strano futuro procrastinabile. Stare insieme migliora la competizione, e gli imprenditori siciliani non possono permettersi di isolarsi, possono, invece, aggregarsi perché mai come in questo momento possiamo usufruire di supporti magnifici come quelli che rappresentano le nuove tecnologie. E mai come in questo momento c’è ancora un ampio margine di movimento.
[Images credits courtesy of ENEA]
Patrocini di
Università degli Studi di Catania
Ordine degli Ingegneri di Catania
Confindustria Catania
Camera di Commercio di Siracusa
Associazione Ingegneri Ambiente e Territorio
La piattaforma Simbiosi Industriale
un-caso-pilota-per-un-approccio-integrato-alla-green-economy.-il-progetto-eco-innovazione-sicilia
Ecoinnovazione Sicilia
Turismo sostenibile
Molti gli interventi belli e di sostanza, ne riporto degli stralci, spero di riprodurli al meglio:
“Il 2015 può essere di diritto ricordato come l’anno della Sostenibilità, fra Expo e COP21, non dimentichiamo che la Green Economy era un concetto conosciuto da pochi fino a cinque anni fa.”
“Usa, riusa, ripara e ricicla, sfruttando le nuove tecnologie: questa sfida è stata vinta avviando e portando a regime la prima piattaforma di simbiosi industriale in Sicilia, ma l’importante è proseguire su questa strada con la consapevolezza che è utile ad attirare fondi strutturali consistenti.”
“Il modello di simbiosi industriale usato in Sicilia ci ha consentito di trovare maggiori sinergie, di dialogare con le imprese e di codificare un linguaggio comune per costruire un confronto diretto. Sono stati usati solo strumenti di tipo open source che ci sono serviti per analizzare e controllare i percorsi di materiali, sottoprodotti energetici, servizi, competenze e logistica.”
“Per avviare un progetto di simbiosi industriale è necessario che si creino sinergie fra imprese dissimili ovvero operanti in settori diversi dell’industria, dell’artigianato e dell’edilizia. Fondamentale per l’accrescimento delle sinergie è stata la condivisione delle informazioni.”
“Volevamo usare gli scarti della frutta invece di buttarli via, ma avevamo il problema che fermentano e marciscono in fretta, quindi abbiamo studiato degli innovativi essiccatoi che abbattono l’umidità partendo da valori medi del 85% per arrivare a valori del 7%. L’essiccazione si realizza a basse temperature per conservare le sostanze buone contenute negli scarti; i sottoprodotti così ottenuti sono utilizzati da imprese che lavorano per il settore della mangimistica e per il settore della nutraceutica.”
“Dovevamo capire come costruire un sistema di recupero degli scarti della lavorazione dei materiali inerti, perciò abbiamo fatto delle analisi per individuare le caratteristiche qualitative dei residui e abbiamo scoperto che i diversi tipi di strumenti usati per la lavorazione lasciano tracce diverse. I limi di segazione possono diventare filler di conglomerati bituminosi e sostituire altri tipi di aggregati, anziché finire in discarica. Gli aspetti tecnologici usati ci hanno permesso il riuso e l’intensificazione degli scambi; la certezza dell’utilizzo nasce nel rispetto dei requisiti.”
“Usiamo il basalto lavico dell’Etna per la riqualificazione dei centri urbani di tutto il mondo perché offre grande resistenza meccanica. Abbiamo investito sul riciclo delle acque usate per il taglio della pietra lavica, l’impianto corre lungo tutto lo stabilimento e serve anche a recuperare il limo da segazione che è ottimo per rendere i prodotti aggregati più flessibili.”