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Il problema della confettura di fragole ibride

Ho letto delle cose oggi. Cioè, leggo cose ogni giorno, più volte al giorno, per chi non lo sapesse. Ma oggi ho letto delle considerazioni sulla cultura digitale che mi hanno fatto riflettere per l’ennesima volta sulla mia storia personale e su quanto la narrazione del mio divenire digitale si sia intrecciata con la narrazione delle storie e delle esperienze di alcuni digital champion e non solo.

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Come è fisiologico che sia, l’associazione che ha fatto capo all’iniziativa di promuovere la cultura digitale nel paese Italia è stata fonte di discussioni e riflessioni contrarie al pensiero di Riccardo Luna e contrarie al messaggio portato avanti in questo ultimo anno e, se non al messaggio, ai modi in cui è stato veicolato o non è stato veicolato. Insomma, non mi dilungo oltre, la casistica è immensa e varia, fatta di Sì e anche di Però che assurgono a categorie discriminanti e prolisse. Sul web, se vi fate un giro cercando “digital champion” e le sue varianti linguistiche, trovate una serie di post pro, contro e ni per farvi una vostra idea.

Io una mia idea la ho e, contrariamente a quanto faccio di solito, mi esporrò senza timori (tanto i miei quattro lettori e mezzo non me ne vorranno).

Non sono una nativa digitale per ovvi motivi anagrafici, inoltre sulle mie spalle peserà per sempre la responsabilità di aver negato a mio padre la gioia di regalarmi il mio primo personal computer, però dal 1999 in poi mi sono più che ripresa il tempo perduto, tanto che in alcuni periodi di questi ultimi decenni mi sono dedicata addirittura a creare indecentissimi siti internet e ho frequentato, se non l’alba, le dieci di mattina del web prima dell’avvento dei social media grazie ai gruppi usenet.

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Portare il coding nella mia città n°1

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1.0 A volte sogno che sono di nuovo fra i banchi di scuola, devo rifare gli esami, devo affrontare un’interrogazione oppure devo ripetere tutto l’anno scolastico. Come diceva Eduardo De Filippo: gli esami non finiscono mai.

C’è stato un tempo in cui la scuola era una realtà oggettiva e non un incubo kafkiano. A lezioni terminate immaginavo pomeriggi inerti, aule silenti, corridoi vuoti e i professori, anch’essi a casa, con pile di fogli protocollo da correggere, circondati da libri.

Ciò che penso della Scuola, fuori dal mondo dei sogni, è che occorre creare una visione amplificata e completa dei contesti storici e sociali in cui si sono verificati movimenti letterari, scoperte scientifiche, movimenti pittorici e più in generale, l’evoluzione delle arti figurative, delle letterature dei vari paesi del mondo, delle scienze.

Quando andavo a scuola mi sembrava tutto slegato e, soprattutto le materie scientifiche, qualcosa di esoterico ed elitario.

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1.1 Ci sono tornata davvero a scuola, senza averne apparente dovere; era pomeriggio, il primo dicembre, e ho trovato un mondo indaffarato di insegnanti impegnate fra pc e registri digitali.

All’Istituto Comprensivo Giuseppe Lombardo Radice di Siracusa c’erano due maestre ad attendermi: Ada Strano, docente di matematica, e Maria La Monica, docente di sostegno. Volevo capire, volevo farmi raccontare il coding per bambini dal punto di vista degli insegnanti che lo hanno fatto e Ada e Maria mi hanno raccontato anche di più.

Il Comune di Siracusa, con la collaborazione di Impact Hub, ha promosso un programma di formazione per tutti gli istituti scolastici cittadini volto a stimolare lo studio e la pratica del coding; per questo motivo, fra marzo e aprile 2015, si sono susseguiti alcuni eventi che hanno coinvolto alunni, insegnanti e genitori.

Oltre le giornate di formazione per il coding vero e proprio, i bambini hanno potuto divertirsi con MaKey MaKey facendo suonare frutta e ortaggi, hanno incontrato i robot di Behaviour Labs di Catania e infine hanno creato applicazioni con Scratch.

Quindi, ho pensato, c’è grande movimento nonostante si pensi che la Scuola sia ferma a carta e calamaio.
Troppo lavoro c’è. – mi dicono – Ma se arrivassero più tablet, se le attrezzature bastassero per tutti gli studenti e nessuno fosse senza, potremmo lavorare meglio con tutti i ragazzi.”.

È pur vero che, oltre i Programmi Operativi Nazionali (PON), esistono un’infinità di progetti europei cui aderire, basterebbe fare rete fra scuola, comuni, imprese, genitori e studenti.
Basterebbe fare rete con altre città impegnate nello stesso desiderio di aprire prospettive future ai propri figli, alle nuove generazioni, quelli che chiamiamo nativi digitali e che vivranno, adulti, in società diverse dalle nostre. Una suggestione, questa, donatami da Viviana Cannizzo, digital champion del Comune di Siracusa.
Capisco che i docenti (e i genitori) da soli non possono avere il tempo e le forze per accompagnare i bambini verso il loro futuro, ma la cultura e l’innovazione digitale hanno il potere di contrastare queste solitudini.

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1.1.1 Ada e Maria mi raccontano che hanno fatto coderdojo anche con un alunno audioleso: le nuove tecnologie sono sempre grandi fonti di integrazione. I bambini che hanno fatto da mentor ai loro compagni erano perfettamente in grado di insegnare ai loro coetanei ciò che avevano appreso duranti i corsi propedeutici all’evento di coding. La soddisfazione è stata tanta e diffusa fra tutti.

Fare coding con i bambini mette tutti allo stesso livello – mi dice Ada Strano – e mi ha permesso di rendere completo il percorso scolastico che riguarda l’apprendimento della matematica.

Lo sviluppo del pensiero computazionale è paragonabile ai processi logici che usiamo tutti i giorni per risolvere un problema. L’approccio corretto alla matematica è quello di vederla come lo sviluppo di processi logici all’interno di situazioni problematiche.

Un metodo didattico già ampiamente applicato in pedagogia è quello della verbalizzazione del percorso risolutivo: i bambini mettono per iscritto tutto il ragionamento insieme alle operazioni matematiche, successivamente, tutti insieme correggiamo i compiti verbalizzando il percorso oralmente, in aula. In questo modo tutti, nello stesso momento, sono protagonisti attivi e coinvolti nel processo di apprendimento.“.

Paradossalmente, “gli unici problemi sono stati quelli relativi alla connessione dati disponibile durante i corsi di formazione: spesso veniva a mancare la connessione e finivamo di prepararci a casa perché durante il corso si verificavano delle interruzioni.“.

A volte le cose avvengono quasi contemporaneamente e non è un caso se arriva una circolare dal Comune che chiede un referente con conoscenze di base a livello informatico per partecipare a un seminario che promuove la conoscenza del linguaggio computazionale. Mentre il MIUR crea programmi di implementazione della cultura digitale all’interno delle scuole.

 

Nelle scuole di oggi si fa lezione con la LIM, la lavagna interattiva multimediale, oppure a distanza con Skype, soprattutto quando ci sono bambini che non possono essere in aula ogni giorno per problemi di salute. Gli insegnanti usano internet costantemente, preparano video e presentazioni in power point e hanno il registro elettronico.
Ogni giorno di più condividono informazioni e competenze a livello informatico e un po’ alla volta si mettono al passo, anche se chi ne sa qualcosa di più viene costantemente consultato con le richieste di aiuto più disparate. E non è una questione generazionale.

È un universo che oscilla fra valori elevati di dispersione scolastica (soprattutto qui nel meridione), dematerializzazione, piattaforme di connessione scuola – famiglie e circolari ministeriali che vengono ancora stampate e affisse su una bacheca fisica.
E poi ci sono anche i trentasei ragazzini di scuola media inferiore che prendono la European Computer Driving License e conquistano crediti per gli esami di stato.

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1.1.2 Nel frattempo confronto e condivisione sono fondamentali, senza dimenticare che la cultura digitale può essere un’opportunità per tutti.

Cito di peso (e concludo) un articolo di Matteo Tempestini pubblicato proprio oggi, 9 dicembre, su Che Futuro!: “La cultura? Si c’è un fattore culturale da tenere presente. È difficile abituarsi a pensare in termini veramente innovativi e soprattutto è complesso effettuare una costante applicazione della tecnologia alla vita di tutti i giorni senza cadere nell’errore di essere autoreferenziali. Il digitale si presta tantissimo a parlare a pochi appassionati di tecnologia…ma gli altri? Gli altri, specialmente in Italia, sono quelli che possono oggi dare valore al digitale con applicazioni che il tecnologo nemmeno lontanamente magari si immagina; è con gli occhi di quelle persone che c’è da sforzarsi di guardare gli strumenti della tecnologia. E per finire: conta condividere. Conta moltissimo quanto siamo disposti a condividere. Quello che a volte è appannaggio dell’innovazione è di fatto la volontà di fare sharing e rete delle nostre idee.”.

 

 


Eppur si muove: riflessioni sull’italian digital day

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Ho iniziato a progettare questo articolo sin dal momento in cui ho appreso dell’incontro nazionale dei digital champions. La divulgazione della cultura digitale, le istanze di formazione e diffusione dal basso, l’empowerment digitale (anche di genere) sono azioni e concetti che mi stanno molto a cuore.

Per promuovere la cultura digitale non è indispensabile essere digital champion, ma questo non vuol dire che possiamo fare a meno di una figura del genere. Non ne troverete uno che sia uguale a un altro per competenze e azioni sul territorio.

La cultura digitale è un universo vario e composito. Tutto ciò che ha che fare con il digitale, però, non è solo innovazione e nuove tecnologie come si potrebbe pensare di primo acchito. È pur vero che questo universo ha subito un’accelerazione importante in questi ultimi anni sia dal punto di vista hardware che software e le società, il mondo del lavoro, quello politico ed economico di tutto il mondo si sono evoluti anche sotto la spinta della crescita della cultura digitale.

Non è una crescita verticale né piramidale: trasversale e orizzontale sono gli aggettivi corretti da usare per indicare le istanze che ne connotano l’evoluzione. Commistione, invece, un buon sostantivo che ci permette di comprendere quanto ogni aspetto della nostra vita sia investito dal fenomeno di questa prima parte del terzo millennio che coinvolge tutto il mondo.

Alcune culture e società sono riuscite ad avventurarsi sin da subito e con profitto in tutto ciò che rappresenta la cultura digitale, altre ci hanno messo o ci mettono più tempo e il gap che si è creato ha molte cause individuabili in luoghi e momenti diversi della storia di un paese. I punti di partenza possono essere molteplici anche quando si cerca di individuare le cause di certi ritardi nella nostra piccola Italia.

Eppure, proprio qui in Italia, ci sono persone che operano quotidianamente per colmare questo gap e molto spesso ci riescono, diffondendo nei molti modi peculiari della cultura digitale, nuove buone pratiche, nuove competenze, nuovi lavori, nuove informazioni. E infondendo nuova vita in tutti gli strati della nostra società.

Eppur si muove, mi ha scritto, infatti, Liuba Soncini, che ho avuto l’occasione di conoscere durante il workshop di digital inclusion e digital empowerment “Donne Digitali” che si è tenuto a Modena il 6 giugno 2015. Liuba è digital champion per Modena, web coach per l’associazione EWMD di Reggio Emilia, si occupa di inclusione digitale di genere e alfabetizzazione digitale e, come dico sempre, molto altro. In questo “molto altro” c’è anche il bellissimo dono di una sua riflessione sull’Italian Digital Day che si è svolto alla Reggia di Venaria il 21 novembre 2015.

Eppur si muove

Riflessioni a ruota libera sull’Italian Digital Day
“Ho partecipato all’Italian Digital Day a Venaria come Digital Champion di Modena, perché desideravo ritrovare le persone conosciute in questo anno di attività per promuovere la cultura digitale sul territorio.

Ci siamo trovati per la prima volta il 20 novembre 2014 a Roma come pionieri: 100 volontari sparsi su tutto il territorio nazionale con la voglia di fare qualcosa per un paese che stava arrancando tremendamente sull’innovazione digitale, mentre il resto dell’Europa correva a grande velocità. E’ stato un anno vissuto intensamente: tanti grandi progetti sono stati realizzati, alcuni con tanta soddisfazione, altri ancora in corso.

A Venaria abbiamo dedicato un pomeriggio di lavoro per ragionare sul futuro dell’Associazione Italiana Digital Champions. L’Associazione è nata un anno fa da un’idea azzardata, quanto innovativa, di un Riccardo Luna fresco di nomina a Digital Champion italiano: l’idea di far partire dal basso la spinta per portare l’Italia verso l’innovazione digitale. Dai primi 100 Digital Champions locali che ne hanno firmato la costituzione ora siamo più di 3000. Questo comporta necessariamente un ripensamento organizzativo per consentire alle tante persone che, volontariamente e senza etichette, ogni giorno cercano di dare un contributo per diffondere innovazione e cultura digitale. I tavoli di lavoro cui abbiamo partecipato hanno evidenziato i tanti punti di forza della nostra rete, che vanno presidiati e incentivati, ma ovviamente anche delle criticità, a partire da un coordinamento sia nazionale che regionale che diventi strategico per consolidare quanto viene fatto e consentire una migliore diffusione di best practices.

Perché, come scrive Guido Scorza avvocato e Digital Champion: “Il Paese deve imboccare senza più alcuna esitazione la strada che porta al futuro ed investire nell’innovazione e nel digitale” e “guardare al futuro”.

L’Italian Digital Day non è stata una celebrazione dei Digital Champions, ma un momento di incontro per fare il punto della situazione con le luci e le ombre che ancora possiamo rilevare.

Innanzitutto è ormai chiaro che il paese (cittadini, istituzioni e aziende) ha bisogno di poter accedere a una connessione veloce come asset fondamentale per usufruire della digitalizzazione di servizi e strumenti. Giuseppe Recchi, presidente di Telecom Italia, ha presentato il piano di sviluppo della banda larga: entro il 2017 copertura della banda ultralarga mobile al 95%, mentre per quella fissa l’obiettivo è il 75%.

La strada quindi è ancora lunga e difficoltosa. Le aziende hanno bisogno di contare su un accesso veloce per migliorare la propria organizzazione e le pubbliche amministrazioni devono smaterializzare sempre più i propri servizi. A tutto questo possiamo aggiungere la necessità di alfabetizzare un paese in cui ancora oggi 4 persone su 10 non usano Internet. Dai dati che sono stati presentati a Venaria qualche spiraglio di luce si intravede: l’importanza delle competenze digitali e di strumenti efficaci sono percepiti come fondamentali dalla maggioranza delle persone.

Significativa è stata la presenza dell’Agenzia per l’Italia Digitale: una vera e propria squadra di professionisti che stanno lavorando a tanti progetti, alcuni già in fase di realizzazione, con una strategia definita Piano Crescita Digitale. L’obiettivo si chiama Italia Login, una piattaforma digitale che integra i vari settori (sanità, scuola, giustizia, ecc.) in un unico accesso, attraverso il Servizio Pubblico d’Identità Digitale e l’anagrafe nazionale della popolazione residente, che abiliterà la profilazione. Un altro tassello importante sono le linee guida dei siti web della PA: un sistema condiviso e aperto a proposte e miglioramenti che vuole rendere la navigazione e l’esperienza del cittadino/utente online coerente e omogenea. Il primo sito web a adottare il nuovo design è stato proprio governo.it, con la nuova impostazione rilasciata lo stesso giorno dell’Italian Digital Day.

Eppur si muove. Da quanto ci è stato raccontato a Venaria i primi timidi segnali ci sono tutti. Condividiamo anche la richiesta dell’on. Antonio Palmieri, dell’Intergruppo parlamentare innovazione, che ha sollecitato Renzi a nominare un ministro o un sottosegretario con una delega dedicata all’innovazione e al digitale, affinché possa esercitare il ruolo fondamentale di coordinamento politico dei tanti protagonisti e stakeholders interessati.

Infrastrutture, piattaforme, alfabetizzazione, sicurezza ma soprattutto comunicazione. Personalmente è stato molto importante sentire la testimonianza legata alla presenza online e offline della Polizia di Stato, che sta svolgendo un ruolo significativo nell’educazione all’uso dei dispositivi tecnologici di giovani e adulti e nella diffusione della legalità, nel senso più ampio del termine. Credo che istituzioni e forze dell’ordine possano dare un contributo straordinario, con la loro presenza online e sui social network, all’educazione civica digitale dei cittadini e alla prevenzione di comportamenti scorretti.

L’educazione è infatti la sfida più rilevante per il nostro futuro, a partire da una scuola che accolga non solo i nuovi strumenti tecnologici a disposizione ma che consenta una integrazione nella didattica di coding, stampa 3D, pensiero computazionale e nuovi contenuti per trasformare l’apprendimento in una palestra esperienziale inclusiva. I tecnici del Miur hanno raccontato il Piano Nazionale Scuola Digitale e l’introduzione di una nuova figura in ogni scuola, l’animatore digitale, nata sul modello dei Digital Champions che avrà il compito di supportare la sperimentazione digitale e la formazione.

Vorrei chiudere con la speranza che le tante idee interessanti e i progetti raccontati a Venaria non siano solo una bella facciata dietro la quale nascondere arretratezza e fallimenti, ma diventino nel prossimo futuro una realtà diffusa su tutto il territorio nazionale.”

Liuba Soncini

 

[La foto di copertina è presa dal web, ma non sono riuscita a stabilire la fonte originaria per citarla correttamente. Se qualcuno dovesse essere titolare dell’immagine, può scrivermi liberamente e sarà mia cura cambiarla o attribuirne correttamente la proprietà.]

 


Portare il coding nella mia città n°0

0 – Voglio portare il coding ai bambini della città in cui vivo. Ci riuscirò? Per farlo dovrò comprendere io stessa, prima di tutto, cosa fare e come potrò proporre questa iniziativa e a questo proposito, presto vi racconterò di nuovi incontri. L’idea covava da tempo sotto le ceneri dell’ex impiegata amministrativa che sono stata. Poiché quelle ceneri si sono ormai raffreddate da tempo, pare che stia germogliando qualcosa. La prima a essere curiosa sono io.

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0.1 – È stato a maggio di quest’anno, mentre girovagavo per il web alla ricerca di qualcosa di innovativo da raccontare, che mi sono imbattuta in un articolo su Matera Capitale della Cultura 2019 e ho scoperto il coding dedicato a bambini e ragazzi.

A ottobre, in occasione della Code Week, ho potuto assistere all’evento di “Green Coding: rispettare l’ambiente giocando con le nuove tecnologie”, grazie a Marco Scalet dell’associazione Futuro Solare Onlus (sì, proprio quella di Archimede 1.0) e a Viviana Cannizzo di Impact Hub Siracusa.

Il 9 novembre, in una vulcanica chiacchierata telefonica, Francesco Paolicelli mi ha raccontato che l’evento di coder dojo fatto a Matera a ottobre del 2014 è stato uno dei motivi per cui l’Unione Europea ha scelto la città dei Sassi come capitale della cultura per il 2019.

Perché non di sola bellezza fine a se stessa si vive, ma della bellezza coltivata nel progresso culturale e nell’innovazione del tessuto sociale. 

0.1.1 – Cos’è il coding? È programmazione informatica: la stesura di un programma, una sequenza di istruzioni che dà vita a internet, a software e applicazioni, ai pc e ai device come tablet e smartphone. Il modo per far avvicinare i bambini, gli insegnanti e i genitori e non solo, al pensiero computazionale effettuando il passaggio da un concetto di informatica vissuto come utente passivo al concetto di informatica vissuto come maker.

Mettere in grado i nativi digitali e gli adulti che li educano a vivere questa nuova epoca storica con più consapevolezza, questo l’obbiettivo. È un modo per non pensare alla cultura digitale come altro da sé.

È un modo per riappropriarci dell’apprendimento critico, tutti insieme e a qualsiasi età, perché è divertente e perché, cito un articolo di Coder Dojo Matera, “non è la formazione scolastica o formale. E’ un evento dal basso. Chi vuole partecipa.”.

0.1.2 – Storie rintracciabili in rete:
Xoff Conversazioni sul futuro 8 novembre 2015
App4Kids ne parlano su StartupItalia!
Anche il MIUR se ne occupa
@CoderBas per #GoOnBas

 


Fare o non fare: non c’è provare

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27 agosto 2012 ore 12.33. La foto è stata scattata per sbaglio mentre sistemavo la webcam. Montatura scura, faccia seria, trenta chili fa in meno. In quei giorni sapevo che stavo per perdere il mio lavoro e stavo cercando una strategia che mi permettesse di non perdere anche l’appartamento, l’automobile e il preziosissimo telefono. Dovevo mantenere una promessa oltre che l’autonomia.

Era circa un anno che possedevo il mio primo smartphone, ero convinta che fosse fondamentale per la mia vita: la possibilità di essere connessa con i miei amici vicini e lontani ovunque fossi, soprattutto durante le ore passate in ospedale o in casa di riposo; la possibilità di avere un navigatore satellitare sempre a portata di mano, perché ormai ero sempre da sola in auto, cento chilometri al giorno tutti i giorni e, se trovavo una deviazione improvvisa ai miei soliti percorsi, la sensazione di perdere il controllo era forte.

Sapere che potevo rispondere agli annunci di lavoro anche se non ero al pc.

Alcune parti della strategia non hanno funzionato, altre, invece, hanno funzionato meglio di quanto mi aspettassi: una di queste era essere pronta a reinventarmi per lavorare. Un anno dopo lavoravo facendo qualcosa che mi aveva terrorizzato tutta la vita: l’addetta alle casse in un supermercato. Arrivavo da molteplici esperienze in ufficio, spesso ho passato ore interminabili da sola, seduta a una scrivania. In cassa non sei mai sola: devi confrontarti continuamente con un pubblico e con i colleghi: è una eccezionale palestra per la comunicazione e per i comunicativi. Tornerei a farlo domani, se me lo permettessero.

L’altro pezzo di strategia fondamentale è stato mantenere e rafforzare la rete di amicizie: senza non avrei trovato lavoro presso il supermercato; senza la fiducia che mi è stata accordata e che non dimenticherò mai. Io, di contro, ho sempre cercato di dare quello che potevo, non avendo granché in termini materiali. Senza le mie amiche e i miei amici sarebbe stata una vita grama: l’opportunità di vedere il mondo da prospettive diverse, il piacere di cucinare pizze, melanzane alla parmigiana e bere litri di tè verde.

L’altro punto importante della strategia era essere consapevole che, per quanto mi sforzassi, le cose sarebbero cambiate. Sapevo che il cambiamento era in me e attorno a me. Sapevo che avrei fatto il possibile per mantenere la promessa finché il mondo non si fosse riassestato con uno scrollone per farmi voltare pagina.

L’automobile è sempre la stessa, lo smartphone è cambiato: con quello che ho adesso ci lavoro pure. Insomma, ogni tanto vi scrivo da lì. Lo uso anche per studiare Social Advertising. L’appartamento che si staglia oltre i confini della fotografia di allora è lontano nel tempo e nello spazio.

Adesso pubblico l’articolo e la foto, così posso riprendere a fare il Presente: ricerca di lavoro compresa. 😉


102 chili sull’anima, una recensione

C’è un tempo e un luogo per le antiche storie che narrano di draghi, demoni e streghe da affrontare, c’è un tempo e un luogo anche per il più grande antagonista che abbiamo: la nostra anima nera. C’è un tempo e un luogo che sono un Per Sempre e In Ogni Dove, per ascoltarle queste storie, per trarne esperienza, motivazioni e gioia.

La narrazione di un frammento della storia personale di Francesca Sanzo inizia quasi come una fiaba d’altri tempi: “Durante l’estate del 2013…”. Che riecheggia il caro vecchio C’era una volta, ma in un tempo ben definito, che ci aiuta nella percezione della realtà della storia. L’inizio di un mutamento sempre in divenire (perché a percorsi di evoluzione interiore ed esteriore non si può porre un termine) che continuerà a srotolarsi davanti agli occhi di ogni lettore che vorrà conoscerne i particolari, i modi e i tempi.

Sì, si parla di un dimagrimento, ma non è tutto qui e non sarebbe più semplice se fosse così: nelle antiche storie c’è un protagonista, un accadimento che spinge l’eroe in luoghi sconosciuti, una serie di ostacoli da superare che rendono l’eroe (e l’eroina, ovvio) di volta in volta più forte e lucido, un antagonista dai poteri mortali, un inevitabile obbiettivo da raggiungere che al termine della storia si rivela “altro da sé”.

Questo è ciò che accade in #102chili. E’ la prima volta che una donna vi narra del suo mutamento a quarant’anni? Questa è una storia per tutte le età e per ognuno di noi che vuole smettere di sentirsi solo fra le onde dei cambiamenti, che siano cercati oppure no. Francesca si rende conto che deve abbandonare il suo status di individuo in sovrappeso, l’ultimo segnale potrebbe essere un’osservazione sincera di sua figlia.  Ma quello che impariamo è che possiamo sempre darci una possibilità e che il coraggio si prende a piccoli passi che col tempo diventano grandi falcate e corse, corse veloci nel vento. Anche se sembra impossibile.

Abbiamo sempre trovato i modi per raccontarci la vita. E le antiche storie hanno rinnovato i linguaggi: grazie a un modo narrativo positivo, costruito pazientemente e con costanza attraverso il blog Panzallaria, Francesca Sanzo è arrivata donarci “102 chili sull’anima”. E’ scesa nel suo personale bosco oscuro, nel mare profondo che potrebbe risucchiare, ha aperto l’armadio degli spettri e ne è uscita trasfigurata.

“Mi auguro che queste pagine possano essere lette da persone che non solo desiderano cambiare il loro rapporto con il cibo, ma che più in generale sentono che il cambiamento è l’unico modo per andare avanti, per vivere bene e per vivere a lungo, nella lunghezza che è data a ogni vita.” E per avere sempre una buona storia da raccontare.

Francesca Sanzo “102 chili sull’anima” Giraldi Editore – anche in formato e-book nelle librerie e su Amazon
blog Panzallaria e sito professionale (Francesca è una digital coach, fa workshop e consulenza sulla comunicazione digitale)
Non ho l’autografo sul libro, ma ho la mia intervista recente. 😉

Francesca Sanzo

Francesca Sanzo


Millemila interviste

Di tutto quello di nuovo che ho iniziato a fare in questi ultimi tre mesi, fare interviste mi mette in ansia e mi emoziona sempre tantissimo. Una delle esperienze più belle e soddisfacenti.

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3 domande più una: Tips & Tricks per donne digitali – 2

2 – Gli impegni di tutta la famiglia hanno lo stesso identico valore, non facciamo l’errore di mettere sempre da parte i nostri.

Come per l’articolo nato grazie ad un’altra super donna digitale,  Viviana Musumeci, le mie 3 domande più una hanno come obbiettivo di donare a noi signore più o meno digitali, qualche soluzione di vita interessante. E fare una delle cose che amo di più: vedere il mondo da prospettive diverse.

E siamo alla puntata numero 2! Nuovamente felice di avere la possibilità di presentarvi la mia guest star per questo articolo ovvero Francesca Sanzo. Come per la volta precedente, è difficile riuscire a riassumere efficacemente le competenze della mia ospite, che è innanzitutto una digital coach di eccezione ed è stata la mia insegnante in uno dei corsi proposti dal network Work Wide Women (che voce suadente… Impossibile peccare di concentrazione!), è autrice del blog Panzallaria, che non è solo un blog, ma un contenitore e un progetto di narrazione di grande impatto emotivo e di grande successo. Francesca è scrittrice del libro “Narrarsi on line: come fare personal storytelling” e del libro “102 chili sull’anima” (di cui parlerò più avanti).

Wow! Quanti link succulenti! Senza il corso per aspiranti blogger tenuto da Francesca, forse io non sarei qui a scrivere questo articolo e non avrei avuto il fegato di propormi come blogger per il blogdinnovazione su cui scrivo di nuove tecnologie, startup e tante cose belle e immaginifiche. Quindi questo piccolo articolo lo devo a lei e a me stessa.

Ecco le risposte di Francesca:

1) Pensi che la gestione del tuo Tempo sia efficace rispetto agli obbiettivi di vita (lavorativa e non) che ti sei prefissata?

Francesca: Faccio del mio meglio, ma come tutti i liberi professionisti, alcuni momenti sono più difficili da gestire di altri, a seconda del carico di lavoro. Mi aiuta moltissimo google calendar e una pianificazione millesimale del mio tempo: ogni tanto mi prendo anche comunque il lusso di “perderne” un po’, per fare respirare liberamente il cervello.

2) Come organizzi la tua agenda settimanale di lavoratrice, mamma, moglie, ma soprattutto Essere Umano? Ci sono delle attività che hai programmato a scadenze fisse?

Francesca: Al mattino (un giorno si e l’altro no) vado a correre alle 7, quando ancora tutti dormono. Accompagno mia figlia a scuola poi vado al lavoro. Due volte a settimana mi prendo un’ora per nuotare alla sera e del resto, non ho impegni fissi: sarebbe impossibile, dovendo gestire trasferte e appuntamenti di lavoro.

Dalle 16.30 in poi del pomeriggio ci alterniamo con il mio compagno per passare il pomeriggio, dopo scuola, con nostra figlia e assisterla in tutte le attività extra scolastiche.

3) Puoi dirmi in tre punti le strategie che noi donne dovremmo necessariamente attuare per non disperdere le nostre energie?

  1. Calendario ben organizzato

  2. Gestione familiare condivisa in maniera equa: gli impegni di tutti hanno lo stesso identico valore, non facciamo l’errore di mettere sempre da parte i nostri

  3. Ogni tanto usciamo con gli amici: uno spritz è una mano santa per rilassarsi e ripartire con nuovo vigore verso nuove avventure 😉

più una) tips & tricks extra bonus a scelta fra – come riesco a non farmi sopraffare dalla quantità immane di cose da leggere per essere sempre aggiornata – il momento della giornata che dedico solo a me stessa – appunti digitali vs appunti analogici

Francesca: Dedico 3 ore alla settimana allo sport (corsa o nuoto) e lo faccio consapevole che mi sto concedendo tempo tutto per me, la mia oasi di pensiero libero, amore per me stessa e ricarica dallo stress del quotidiano. Lo faccio da circa un anno e mezzo e la vita mi è cambiata totalmente: più idee, più concentrazione, più benessere!


3 domande più una: tips and tricks per donne digitali – 1

1: Stai con persone che ti trasmettono voglia di fare.

Come ho letto in un articolo di Antonio Cilardo molti studi affermano e confermano che “raccontarsi spinge a essere più equilibrati, ottimisti e costruttivi. A ricostruire e interpretare le situazioni, attribuendovi un significato. A definire la propria identità e il proprio percorso.” Raccontarsi ed ascoltare lo storytelling altrui, riflettere e confrontarsi, scoprendo che spesso la percezione che abbiamo di noi stessi è fallace e viziata da insicurezze e che il nostro lavoro non è poi così male.

Mi sono sempre chiesta come si fa a concretizzare i propri obbiettivi, se ci sono persone che hanno dei trucchi speciali oppure sono naturalmente organizzate. Soprattutto adesso che sono a casa in disoccupazione dopo l’ultimo lavoro a tempo determinato e da ormai due mesi scrivo per questo blog e per la rubrica Innovazione di Bloglive.it; perché spesso mi convinco di non essere abbastanza brava a gestire il mio tempo. Perciò, nella ricerca delle risposte giuste, che fanno per me, mi soffermerò in special modo sul lavoro freelance, su chi ha fatto personal branding grazie alla propria professionalità e alle proprie competenze e non deve sempre sottostare a scadenze precise o, comunque, a una gestione aziendale, a un capo che detta legge. Ma anche chi fra noi donne sente comunque la mia stessa esigenza di strutturare meglio la propria giornata per raggiungere gli obbiettivi prefissati. E stare serene, anche.

La mia prima, graditissima ospite è Viviana Musumeci: giornalista, insegnante presso l’Accademia del Lusso di Milano, fondatrice di VM-MAG.com “magazine online aggiornato quotidianamente con notizie, approfondimenti, interviste sul mondo del fashion, lifestyle, beauty, celebrities e talenti creativi”, “ha pubblicato alcuni saggi e due libri dedicati alla comunicazione – Croce o delizia. L’uso dei testimonial in pubblicità edito da Ediforum – e alle celebrities – Divi a perdere. Il consumo delle celebrities edito da Lupetti”, si occupa di digital communications ed è un’appassionata e precisa gourmande. Io sono una delle sue amiche/fan digitali, ci siamo conosciute su Facebook e, nonostante i suoi impegni, con lei è un piacere quotidiano comunicare, perciò le ho posto le mie 3 domande più una e le sue risposte e consigli sono arrivate in tre secondi netti: la dote che io chiamo consapevolezza (ed entusiasmo).

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1) Pensi che la gestione del tuo Tempo sia efficace rispetto agli obbiettivi di vita (lavorativa e non) che ti sei prefissata? Viviana: Considerato che a me piacciono molto i lavori che faccio, tendenzialmente ho bisogno di poco tempo libero. E mi basta un solo giorno di “evasione” a settimana.
2) Come organizzi la tua agenda settimanale di lavoratrice, mamma, moglie, ma soprattutto Essere Umano? Ci sono delle attività che hai programmato a scadenze fisse?
Viviana: Non ho una vera e propria agenda. Ho il vantaggio di lavorare da casa, quindi, se voglio, in pausa pranzo mi metto le scarpe da jogging e vado a correre sul lungo fiume. L’organizzazione la relego al lavoro e alla gestione della casa famiglia, ma è mentale non scritta. Per il resto, seguo molto le esigenze che mi vengono comunicate da testa e corpo.
3) Puoi dirmi in tre punti le strategie che noi donne dovremmo necessariamente attuare per non disperdere le nostre energie?
Viviana: Le energie, spesso, le disperdiamo non per ciò che facciamo – anche se la disorganizzazione in questo non aiuta. Io ad esempio mi impongo di non subire dagli altri delle modalità che mi fanno fare un lavoro due volte perché è una perdita di tempo. E spesso, questo è frutto di incapacità organizzativa degli altri o di insicurezze personali.Quindi forse, questa potrebbe essere una regola. Ma la verità è che la mente si stanca, e quindi è poi poco reattiva e lucida davanti ai ladri di energia. Quindi non frequento questo tipo di persone, ma solo quelle che mi “caricano” positivamente di energia. Sembra una banalità, ma in realtà funziona. Se stai con persone negative rimugini su pensieri negativi e questi ti appesantiscono e rallentano poi nell’operatività effettiva. Se invece stai con persone che ti trasferiscono input da mettere in pratica, prima o poi lo farai e la tua vita ne godrà un giovamento.
più una) tips & tricks extra bonus a scelta fra – come riesco a non farmi sopraffare dalla quantità immane di cose da leggere per essere sempre aggiornata – il momento della giornata che dedico solo a me stessa – appunti digitali vs appunti analogici
Viviana: Come agenda uso quella dell’iPhone perché è l’unico strumento tecnologico che mi segue ovunque. Ma il trucco vero è riconoscere i ladri, ripeto, di tempo ed energie. E’ solo un guadagno.

blogginglove


L’Utente Indice

In un post precedente ci siamo chiesti (pluralia maiestatis) come si rapportano gli utenti di facebook a  contenuti importanti e spesso complessi, lunghi e che richiedono un livello di attenzione che supera il minuto. Perciò, essendo una devota del metodo scientifico, ho deciso che potevo disturbare un nutrito gruppo di amici e parenti presenti sulla mia bacheca e quindi ho spedito loro alcune domande imprecise per capire cosa pensassero in merito. Ne è uscito un profilo di “Utente Indice” davvero interessante (lo so che si dice utente medio, italiano medio, dito medio… Ma non mi piace, in medio non stat virtus, bensì l’ignavia. E così, in un sol colpo, facciamo rivoltare nella tomba Aristotele e Dante Alighieri).

GraficoDomande

Ecco i risultati elaborati in un grafico: sull’asse verticale le percentuali, sull’asse orizzontale i numeri corrispondenti alle domande poste. Cliccare per ingrandire.

L’Utente Indice della mia pagina facebook segue soprattutto pagine e/o gruppi riguardanti i suoi interessi personali, gli piace approfondire e imparare cose nuove su argomenti di interesse vario, preferisce post che contengano un piccolo testo da leggere (ne deduco che il testo dovrebbe essere di limpida comprensione all’interno dell’anteprima del messaggio), in second’ordine una fotografia è graditissima. L’Utente Indice (che è molto esigente) mi dice anche che se il messaggio che contiene un link, è interessante, utile e divertente insieme, lo preferisce, ma non sempre lo legge davvero, anche se potrebbe imparare qualcosa di nuovo, inoltre, sembra che sia attirato più da messaggi contenenti informazioni e notizie e, in second’ordine a consigli pratici di varia natura. Per ultimo, il mio Utente sceglie di condividere soprattutto post che siano contemporaneamente utili e divertenti.

Insomma, per conquistare i miei utenti indici dovrò sudare parecchio e imparare a essere spiritosa e coinvolgente e a stare sempre sul pezzo 😉

Curiosità sull’Utente Indice:
non ama i messaggi moraleggianti
i link li condivide solo sulla bacheca di Maria
non ha preferenze basta che non ci siano gattinibambinimatrimonicibo
è umorale (pure io, meno male…)
Ma soprattutto tutti i miei utenti indici sono stati gentilissimi e disponibili 😀

2015-03-26_15.13.18[1]

gattini e bambini non ne avevo, speriamo che la Disney non mi chieda i diritti 0_o

Qui sotto, in corrispondenza delle domande, trovate le percentuali.*

  • Su facebook segui pagine o gruppi riguardanti il tuo lavoro? [ 50% A Sì]   [50% B  no]
  • Su fb segui pagine o gruppi riguardanti i tuoi hobby e/o interessi? ? [100% A  Sì]   [B  no]
  • Quando sei su fb ti interessa imparare cosa nuove o approfondire argomenti di interesse sociale, culturale, politico ecc (87,50% A) oppure sei convinto che fb non sia il luogo virtuale giusto per coltivare questo tipo di contenuti (12,50% B)?
  • Cosa preferisci di più in un post? [A Video]    [20,80% B  fotografia]   [79,20% C  un piccolo testo da leggere]
  • Se un post è interessante e utile, oltre che divertente, e contiene un link a un articolo, lo leggi più volentieri? [12,50% A Sempre]   [62,50% B  spesso]   [25% C  a volte]   [D  quasi mai]   [E  no mai]
  • Se il post con il link all’articolo ti spinge a imparare qualcosa di nuovo, lo leggi? ?  [25% A Sempre]   [37,50% B  spesso]   [37,50% C  a volte]   [D  quasi mai]   [E  no mai]  [se no, ti va di scrivermi brevemente perché?]
  • Quando sei su fb quali post attirano subito la tua attenzione? A 25%(divertenti: animali o persone che fanno cose buffe, vignette e messaggi spiritosi…) B 37,50% (utili: consigli pratici, ricette di cucina, riflessioni moraleggianti, consigli di vita)  C 58,30% (interessanti: link a notizie, informazioni, approfondimenti su ambiente, lavoro, guerre, politica…) D 4,60% (di protesta)
  • Dei post che attirano la tua attenzione e su cui hai cliccato “mi piace”, quali condividi più facilmente sulla tua bacheca? A 8,30% (divertenti)  B 16,60% (utili)  C 70,80% (divertenti + utili)  D 16,60% (di protesta)
    * elaborazione percentuali a cura della premiata ditta Il mio fidanzato sas

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